AVV. FABRIZIO VENUTI
Problemi estetici non possono fermare il diritto fondamentale di un condomino all′eliminazione delle barriere architettoniche
Scritto da Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 17/07/2025
Il decoro architettonico non può essere invocato come motivo dirifiuto se l'opera è tecnicamente realizzabile e non invasiva.







Secondo l'art. 2, comma 1, della legge n. 13/1989, come modificata dal Decreto Semplificazioni (D.L. n. 76/2020) le delibere condominiali che riguardano l'eliminazione delle barriere architettoniche (ai sensi dell'art. 27, l.118/1971 e art. 1, D.P.R. 384/1978), la realizzazione di percorsi attrezzati, l'installazione di dispositivi di segnalazione per favorire la mobilità dei ciechi sono approvate con la maggioranza semplificata prevista dall'art. 1120, comma 2, c.c., cioè maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno metà del valore millesimale dell'edificio.

Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le delibere sopra dette, i portatori di handicap, ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà di cui al titolo IX del libro primo del codice civile, possono installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l'ampiezza delle porte d'accesso, al fine di rendere più agevole l'accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garages (art. 2, comma 1, della legge n. 13/1989).

Limitandosi alla lettura del secondo comma dell'articolo nella sua versione originaria, si potrebbe erroneamente ritenere che, in assenza di favorevole delibera assembleare, il portatore di handicap abbia soltanto il diritto di installare un servoscala.

Come ha chiarito il Tribunale di Verona, tale interpretazione non considera le modifiche introdotte dal D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni dalla l. 11 settembre 2020, n. 120 (sentenza n.1487 del 2 luglio 2025).



Vicenda e decisione



La vicenda prende l'avvio con l'impugnazione da parte di una condomina di una delibera condominiale con cui l'assemblea le ha negato l'autorizzazione all'installazione di un ascensore esterno su una porzione del cortile comune, da realizzarsi in appoggio alla parete ovest del fabbricato. L'attrice domanda al Tribunale anche di accertare il proprio diritto a costruire l'impianto a proprie spese, assumendosi integralmente gli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria, secondo il progetto tecnico allegato alla domanda. La richiesta è motivata da esigenze di mobilità, riferite sia alla condomina che al coniuge, entrambi in età avanzata e affetti da limitazioni motorie, con il marito sottoposto a protesizzazione dell'anca, i quali risiedono al terzo e ultimo piano del fabbricato.

In tale situazione, la realizzazione di un ascensore esterno rappresenta un intervento indispensabile per garantire il superamento delle barriere architettoniche e consentire un accesso agevole e dignitoso all'abitazione. Nel verbale assembleare impugnato, alcuni condomini hanno motivato il proprio dissenso con il timore che

l'installazione del manufatto potesse compromettere l'estetica della facciata.

La ricorrente ha contestato la legittimità della delibera, invocando la violazionedell'art. 1 della legge n. 13/1989 e dell'art. 1102 c.c., e ha rivendicato il proprio diritto a realizzare l'opera, presentando un progetto dettagliato che prevede un ascensore silenzioso, in acciaio liscio (per scoraggiare intrusioni), compatibile con i vincoli paesaggistici e realizzabile in deroga alle distanze legali.

Il condominio ha eccepito l'inammissibilità dell'impugnazione, sostenendo che la delibera è stata adottata nel rispetto delle maggioranze previste dall'art. 2,comma 1, della legge n. 13/1989, e ha contestato la fondatezza della richiesta,evidenziando l'assenza del parere della Soprintendenza e sostenendo chel'ascensore avrebbe potuto arrecare pregiudizio alla vista, al decoro e alla sicurezza del fabbricato.

Inoltre, ha ritenuto che, in base al secondo comma dell'art. 2 della legge n.13/1989, la ricorrente avrebbe potuto al più installare un servoscala, non un ascensore

.

Il Tribunale ha ritenuto l'impugnazione della delibera inammissibile per carenza d'interesse della condomina a proporla, ritenendo invece fondata la domanda di accertamento del diritto della stessa parte all'installazione del manufatto su area comune, a sue cure e spese. Il giudice veneto ha chiarito che sostenere, come ha fatto il condominio, che, in presenza di voto contrario dell'assemblea, l'attrice avrebbe come unica facoltà quella di installare un servoscala, rappresenta una tesi decisamente errata. Come ha giustamente osservato il Tribunale, tale interpretazione non tiene conto delle modifiche normative introdotte dal decreto-legge 16 luglio 2020,n. 76, convertito con legge 11 settembre 2020, n. 120, il cui comma 3 stabilisce che ciascun partecipante alla comunione o al condominio può realizzare a proprie spese ogni opera di cui agli articoli 2 della legge 9 gennaio 1989, n. 13, e119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, anche servendosi della cosa comune, nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 1102 c.c.



Riflessioni conclusive



Il giudice veneto ha escluso un interesse della condomina ad impugnare la delibera dell'assemblea, in quanto il diritto alla realizzazione dell'ascensore, invasivo per l'uso delle parti comuni né lesivo del decoro architettonico, fornendo indicazioni tecniche e valutazioni dettagliate a supporto dellarealizzabilità dell'intervento..

Per l'installazione di un ascensore resta fermo unicamente il divieto di innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, di cui al quarto comma dell'articolo 1120 del codice civile.

Il legislatore, quindi, non ha menzionato il limite di cui all'articolo 1120 c.c.,ultimo comma, che considera vietate le innovazioni che alterano il decoro architettonico dell'edificio condominiale, né quello della necessità di assicurarel'uso e il godimento, anche di un solo condomino, delle parti comuni.

In altri termini, per l'abbattimento delle barriere architettoniche gli unici limiti rimasti in essere, a seguito dell'entrata in vigore della previsione di cui al Decreto Semplificazione (per come riportati dall'articolo 1120 Codice civile), sono quelli legati alla "stabilità" e alla "sicurezza" del fabbricato.

Tenendo conto di questi principi il Tribunale ha affermato che, una volta accertato che l'uso del bene comune determinato dalla installazione dell'ascensore esterno, se attuato secondo le condizioni precisate dal CTU, non comporterà la violazione dei parametri stabiliti dal legislatore,

"deve escludersi che sia configurabile una innovazione vietata e riconoscersi il diritto dell'attrice alla sua realizzazione".

In ogni caso si deve considerare che un condomino, ai sensi dell'art. 1102 c.c., ha diritto di apportare a proprie spese modificazioni alla cosa comune per il miglior godimento della stessa, ivi compresa l'installazione o il ripristino di un ascensore, purché non ne alteri la destinazione, non impedisca agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto e non limiti la proprietà degli altri condomini (Trib. Napoli 12 aprile 2025, n. 3663).



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